A.D.Scacchi l'Avamposto

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La nostra citta', un po' di ...storia

La più antica testimonianza sugli abitanti di Porto Sant'Elpidio è fornita nel 1792 da una "relazione economica"della Congregazione del Buon Governo dello Stato Pontificio che rileva "una popolazione di circa 300 anime", per lo più dedita alla pesca. Ma esisteno buoni motivi per far risalere l'insediamento urbano addirittura all'età del ferro. Ciò è attestato dal rinvenimento di suppellettili, quali fibule, rasoi, ecc... risalenti all'ottavo secolo a.c. in tombe scoperte in alcune località dell'attuale territorio comunale. Il "Porto di San Lupidio", tra il XII° e XVI° secolo acquista una funzione importante nel sistema costiero marchigiano e come presidio militare e come centro di smistamento commerciale. Gli statuti elpidiensi del 1571 parlano di "un grande porto". Dal 1697 al 1738, a seguito della decisione di proibire il commercio dei cereali con altri territori, il Porto perde la sua funzione. Nella seconda metà del settecento, con la riapertura dei commerci, il Porto avrà una fiorente quanto fugace ripresa, destinata a cessare con la creazione delle grandi vie di comunicazione attraverso la terra ferma e i grandi porti. Così l'economia del Borgo resta legata esclusivamente alla pesca di piccolo cabotaggio e all'agricoltura, determinando praticamente una situazione di stallo sino al primo dopoguerra, eccezion fatta per la "grande" fabbrica dei concimi che darà lavoro invernale ai pescatori. Nel primo dopoguerra, con le mutate condizioni socio-economiche, favorito dalla sua posizione geografica e dalla ferrovia, il "Porto di San Lupidio" conosce una nuova rinascita: scopre la possibiltà di produrre calzature ma soprattutto di commerciare le stesse con le grandi città italiane, soprattutto del nord. Questa nuova situazione fa si che Porto S.Elpidio, divenuto Comune nel 1952, nel giro di una manciata di anni diventi il quarto comune della Provincia, sia per numero di abitanti che per la sua attività produttiva, tutta incentrata sulla calzatura. Curiosa, e per certi versi enigmatica, quindi, la storia di quello che viene definito il "più giovane Comune della Provincia". Recenti studi archeologici sembrano attestare che in epoca etrusca le colline di Porto S.Elpidio ospitassero una città di qualche migliaio di abitanti la quale però, nei secoli, ha rischiato di scomparire per poi riesplodere in maniera vertiginosa con un incremento tra i maggiori in Italia: 6.712 abitanti nel 1951 e 21.086 nel 1991. Porto S.Elpidio conosciuto specialmente come il comune più giovane della provincia di Ascoli Piceno, essendosi costituito autonomamente solo dal 1951, in realtà ha origini antichissime. Fa fede a questo riguardo la scoperta avvenuta nel 1917 di una necropoli definita allora Picena con tombe risalenti al IX secolo a.C. e con resti di un villaggio a palafitte: mentre la necropoli era situata sulle colline fra le contrade Corva, Pian di Torre e Pescolla, le abitazioni erano poste lungo il fosso Sprofondati Marina. Negli ultimi anni però si va facendo strada l'ipotesi che gli inumati rinvenuti nella necropoli appartengano invece alla cultura Villanoviana, precedente e precorritrice della civiltà Etrusca; questo soprattutto per il tipo di reperti (collane, fibule, rasoi, pugnali, ecc.) che accompagnavano le deposizioni. D'altra parte il villaggio a palafitte sembra essere di alcuni secoli più antico rispetto alla necropoli; appartiene cioè alla fase finale dell'Età del Bronzo (Età Neolitica) mentre la stessa necropoli è della fase iniziale dell'Età del Ferro. Il materiale rinvenuto nella campagna di scavi di 90 anni fa è attualmente conservato ed in parte esposto presso il Museo Archeologico di Ancona. Ma una scoperta ancora più sorprendente è quella avvenuta nel marzo del 1993 presso la villa comunale Murri ad opera di Anna Rita e Giovanni Tombolini. Si tratta di una lapide funeraria in calcare appenninico risalente al II° secolo a.C. dedicata alla memoria di un facoltoso personaggio vissuto in quell'epoca: l'epigrafe ricorda infatti Publio Oppio, di professione banchiere. Lo studio della iscrizione eseguita dal prof.Gianfranco Paci dell'Università di Macerata, oltre ad aver confermato che è una delle dieci più antiche iscrizioni dell'area picena, è in assoluto la più antica presenza epigrafica di un banchiere nell'intera civiltà romana. Gli stessi coniugi Tombolini hanno poi rinvenuto nell'interno dell'altra villa comunale detta villa Baruchello, dei frammenti marmorei di varie dimensioni con canoni sicuramente romani (spessore e larghezza dei frammenti esattamente mezzo piede romano e un cubito romano) che, riassemblati, formerebbero una scalinata circolare a tre gradini, avente un diametro massimo, riferito cerchio più esterno, di 4,72 metri. La presenza nella zona, sede del rinvenimento, di acque ritenute da secoli curative, fa ipotizzare che i segmenti, originariamente, facessero parte di un tempietto dedicato ad una divinità legata al culto delle acque, molto probabilmente Venere nell'appellativo di Venere Cluacina, dea venerata nella città di Cluana. Di questa antica città parlarono i dotti romani Pomponio Mela e Plinio il Vecchio, il geografo Cluverio, gli eruditi elpidiensi dei secoli scorsi e lo storico fermano Colucci: tutti la posero sul litorale adriatico e alcuni di essi nel territorio fra il Tenna ed il Chienti quindi nella zona di Porto S.Elpidio. Gli studiosi moderni, specialmente l'Alfieri, la collocano invece sulla riva sinistra del Chienti, nella zona di Civitanova Marche. Queste due recentissime scoperte riaprono però, chiarendolo in modo perentorio, il problema ancora irrisolto della ubicazione di questa mitica città che ora sappiamo essere ricca di traffici e di commerci, legati alla presenza di un banchiere e di luoghi sacrali.